Quali e quanti vini dolci conosciamo? Quelli della vendemmia tardiva, vini dolci fermi, o spumantizzati. Leggi la guida per conoscere tutti i tipi di vino dolce.
La dolcezza di un vino è data dalla presenza di zuccheri residui quindi non fermentati al momento dell’imbottigliamento.
Gli zuccheri nel vino creano una sensazione di morbidezza, danno corposità al vino rendendolo rotondo e “pieno” al nostro palato. Ovviamente, più aumenta la quantità di zuccheri maggiore è la morbidezza e la dolcezza nel vino.
Un vino secco contiene circa 4-5 g/l di zuccheri residui. Compreso tra i 12 e 45 g/l, il vino ha una tendenza dolce (definita “amabile” se ben marcata). Sopra i 45 g/l, il vino lo si può definire dolce.
Attenzione però, per non risultare troppo dolce, stucchevole a volte, non deve mancare una giusta acidità. Un vino, anche se dolce, dev’essere sempre piacevole, armonico, in poche parole “equilibrato”.
L’alcol del vino si ottiene dalla fermentazione degli zuccheri del mosto per mezzo dei lieviti. Per avere un vino dolce è necessario che solo una parte degli zuccheri si trasformano in alcol, mentre una parte deve essere conservata in modo da conferire dolcezza al vino (zuccheri residui).
Sappiamo però che la fermentazione non può essere fermata a comando e per questo, per ottenere vini dolci, bisogna effettuare degli interventi.
Ad una concentrazione in alcol di circa 16% la fermentazione si arresta in quanto l’alcol vieta il lavoro dei lieviti.
Esistono diversi modi per ottenere “quel residuo” di zuccheri necessari alla produzione di vini dolci, ottenendo qualitativamente risultati di vini diversi tra loro.
Quindi, aggiungiamo zucchero al vino? No! In diversi casi si aggiungono mosti concentrati, si effettuano filtrazioni e si stabilizza con anidride solforosa.
Poniamo un vino dolce fermo con una gradazione alcolica potenziale di almeno 10%, avrà una alcolicità svolta inferiore al 6%. Il rimanente residuo zuccherino andrà a determinare la dolcezza del vino.
Per bloccare la fermentazione ci sono diversi sistemi, ad esempio l’abbassamento della temperatura, l’aggiunta di anidride solforosa, la filtrazione del mosto per eliminare totalmente i lieviti che prenderebbero la fermentazione.
I vini fortificati più conosciuti sono il Marsala, il Porto e il Madeira. Per ottenere questa tipologia di vini, si aggiunge alcol al mosto, si blocca la fermentazione e questa fa sì che tutto l’alcol potenziale rimanga presente nel vino come zucchero residuo.
Il Marsala risale ai Fenici ed ai Cartaginesi. Il nome deriva dall’arabo “marsa-ali” che vuol dire “Porto Alto” o “Porto Elevato”. La fama di questo vino la si deve però all’inglese John Woodhouse che nel 1773, a causa di una tempesta, fu costretto ad attraccare al porto di Marsala mentre si trovava in navigazione per Mazara del Vallo.
Trascorrendo qualche giorno a terra, si recò in diverse osterie della città, provando così un vino speciale. Il miglior vino prodotto nella zona era il Perpetuum.
L’inglese ne fu così colpito che ne fece spedire un notevole quantitativo a Liverpool ma, prima di spedirlo, aggiunse allo stesso una quantità di acquavite che ne permise la conservazione durante il lungo viaggio. Naturalmente ne riscosse grande successo tra la nobiltà inglese.
Il Marsala diventò così il vino degli inglesi ed ebbe grande fortuna per tutto l’800.
In un secondo momento la produzione del Marsala si legò definitivamente alla famiglia Florio, nobili Signori di origine calabrese. I Florio divennero ricchissimi nella città di Palermo a cavallo del ‘900, esportando prima il vino Marsala in Brasile, Argentina e Stati Uniti e acquistando poi le cantine di Woodhouse e di tutti gli altri produttori inglesi.
Il disciplinare classifica il vino Marsala in base al colore: oro, ambra, rubino. Ne indica i vitigni da utilizzare, il volume alcolometrico, gli anni d’invecchiamento ed il residuo zuccherino. Secco (meno di 40 g/l, demi sec (40 – 100 g/l), dolce (oltre 100 g/l).
Prodotto nella provincia di Trapani, il Marsala è un vino Doc. Realizzato con uve Grillo, Catarratto bianco comune, Catarratto bianco lucido, Damaschino e Inzolia per la tipologia di color ambra e oro. Uve Pignatello, Nero d’Avola, Nerello Mascalese per il Marsala più raro, color rubino.
Al vino base per realizzare il Marsala, è possibile aggiungere del mosto cotto, alcol etilico di origine vitivinicola, acquavite. Il vino così ottenuto è posto in botti da 300/400 lt. di rovere o ciliegio, riempite solo per i 2/3. Questo per favorire i processi di ossidazione, protetti dall’elevata concentrazione alcolica.
Il Marsala si serve e degusta ad una temperatura di 12/14°C, in bicchieri di cristallo a forma di piccolo tulipano.
Vino liquoroso prodotto nell’arcipelago portoghese di Madeira. Una storia che risale fin dai primi del 1600 dove, un vino ottenuto da uve Verdelho e Malvasia, viaggiava nelle stive di navi mercantili dirette verso il Nuovo Mondo e che, per rifornirsi di provviste, queste navi sostavano nell’isola.
Arrivato a destinazione, il vino risultava imbevibile. Ovviamente, il problema doveva essere risolto e si pensò così di aggiungere del brandy al vino, in modo di permettergli di sopportare le difficoltà di un lungo viaggio senza alterarsi e rendersi “cattivo” al bersi.
Questo rimaneva in botti a maturare per lunghi mesi al caldo equatoriale delle stive, con risultati sorprendenti, di un vino ottimo ma diversissimo da quello di partenza.
Così nasce il Madeira, i migliori vini che avevano viaggiato per mesi chiusi in stive e per questi chiamati Vinhos de Roda.
Il processo per ossidare in tempi più veloci il vino, è eseguito mediante l’utilizzo di “estufas” (stufe di acciaio o di pietra) o in ambienti riscaldati fino a 50°C.
Una bottiglia aperta di Madeira mantiene intatte le sue caratteristiche organolettiche per molti mesi. Se conservato correttamente è uno tra i vini più longevi, può essere bevuto anche dopo centinaia di anni.
Vino rosso, alcolico e dall’aroma fruttato. Anche il Porto ha origini inglesi. Tra il XVII e il XVIII secolo, il clima teso tra Inghilterra e la Francia bloccò l’esportazione del vino. Gli inglesi dovettero così scegliere vini portoghesi e da qui l’inizio commerciale e la storia di molte “Cave do porto”.
Certamente il trasporto più lungo per arrivare in Inghilterra, causava problemi di tenuta e quindi di qualità nei vini, rispetto ai vini francesi a cui erano abituati.
Circa nella seconda metà del 1600, il vino della Valle del Douro veniva trasportato a Oporto e poi imbarcato per arrivare a destinazione a Dover. Il caldo ed il lungo viaggio, spinsero alcuni commercianti vignaioli a “tagliare” il vino con dell’acquavite per preservarlo durante la traversata. Così nacque la leggenda del vino di Oporto, il Porto.
Questo vino nasce da oltre 50 uve a bacca nera e bacca bianca, raccolte molto mature e quindi ricche di zuccheri, aromi e sostanze coloranti. Il mosto fermenta a temperatura controllata di circa 30°C.
Raggiunto il 6-7% di alcol etilico, si aggiunge alcol di origine vitivinicola per bloccarne la fermentazione in tempi più o meno veloci a seconda del grado di dolcezza che si vuole ottenere.
Il vino viene poi messo nelle pipé, grandi botti da 550 lt., e viene fatto riposare per 2 mesi. Si procede ad un primo travaso e se necessario, ad una seconda aggiunta di distillato.
Il risultato è di un vino elegantemente dolce, vellutato, con un’ampia struttura e profumi marcati.
Morbidezza, sapidità (non dimentichiamo che nasce in zone di mare) e una lenta maturazione, arricchisce i profumi ed il sapore della frutta secca e delle spezie.
Porto Branco:
Porto Ruby:
Porto Tawny:
Alcune uve si prestano ad una sovramaturazione (o vendemmia tardiva) di alcune settimane sulla pianta rispetto ad altre, dove le condizioni climatiche lo consentono.
Gli acini si arricchiscono di colori, profumi e sapori. Gli acidi diminuiscono ed aumentano gli zuccheri. Si ottengono dalle uve mosti più densi e concentrati.
Appassimento naturale: le uve appassiscono completamente sulla pianta o disposte in graticci dopo il raccolto.
Appassimento al sole: i grappoli sono stesi al sole e fatti appassire. La concentrazione zuccherina può arrivare al 30% – 40%.
Appassimento forzato: avviene tramite sistema di ventilazione artificiale con aria riscaldata intorno ai 30°C, piuttosto secca e con umidità di circa il 55% – 60% per evitare l’ammuffimento degli acini. Con questo sistema la concentrazione dei succhi avviene mediante l’evaporazione dell’acqua contenuta negli acini.
Botrytis Cinerea, mai sentito questo termine? Trattasi di “muffa nobile”. Questa muffa si deposita sulla buccia dell’uva e la perfora con lo scopo di cercare nutrimento al suo interno e svilupparsi.
Questo favorisce l’evaporazione dell’acqua e la maggior concentrazione del succo. Aggiunge aromi e sapori e ne aumenta il suo bouquet.
Per poter realizzare tutto questo, la muffa nobile ha bisogno di condizioni ambientali particolari. Umidità al mattino per lo sviluppo della muffa e pomeriggi secchi e assolati per evitare il suo eccessivo sviluppo. Gli acini così “botritizzati” sono molto più delicati, con colori che sfumano dal viola al grigio e la raccolta dev’essere fatta assolutamente manuale.
Il vino prodotto da queste uve risulta più intenso, dolce ed elegante. Tra questi, prodotti con uve attaccate.
Dalla Botrytis Cinerea, troviamo: il più conosciuto Sauternes (francese), il Tokaji Aszù (ungherese), i Muffati Orvietani.
Sono vini ottenuti dalla fermentazione di grappoli congelati, raccolti a vendemmia tardiva o meglio, all’inizio della stagione invernale, quando le temperature scendono tra i 7/8°C.
La raccolta di queste uve avviene velocemente ed i grappoli vengono pigiati ancora congelati. Questo rende possibile una maggiore concentrazione degli zuccheri perché una parte dell’acqua si ghiaccia all’interno degli acini separandosi dalla polpa che si arricchisce di tutte le sostanze contenute.
Il congelamento impedisce la formazione della muffa nobile (Botrytis Cinerea), permettendo così di ottenere dei vini ancora più dolci ma che presentano a loro volta anche una notevole acidità, rendendo il tutto ben bilanciato.
La produzione di questa tipologia di vini la troviamo principalmente in Germania, Austria, Canada e Repubblica Ceca.
Si utilizzano vitigni sia a bacca bianca (es. Riesling) che a bacca nera (es. Cabernet Franc). Si producono anche versioni di Ice-Wine spumantizzate, molto particolari.
Uniscono caratteristiche di grandi passiti con la vivacità degli spumanti. Anche in Italia e precisamente in Trentino Alto Adige e in Valle d’Aosta, si stanno effettuando tentativi atti alla produzione di questi vini.
I migliori sono quelli ottenuti da uve aromatiche e realizzati con metodo Charmat, esempio l’Asti Spumante Docg che tutti conosciamo.
Esistono però anche alcuni vini passiti spumantizzati come ad esempio il Recioto di Gambellara Spumante Docg, ottenuto sia con metodo Charmat che con Metodo Classico.
Per ottenere uno Spumante dolce con il Metodo Classico, si prevede l’aggiunta di una miscela zuccherina prima dell’imbottigliamento (Liqueur d’Expedition).
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