

Museo dei Cavatappi: storia del tirebouchon
Esce dalle credenze domestiche per mettersi in bella mostra. Che lo si chiami cavaturaccioli, levatappi o tirebouchon poco importa: a Barolo è nato il Museo dei cavatappi, spazio espositivo di un oggetto da collezione. Perché stappare la bottiglia è un rito.
Indice:
- Cavatappi: dall’armeria all’artigiano
- Utilizzo delle bottiglie di vino in vetro con tappo di sughero
- Il Museo dei Cavatappi di Barolo nelle Langhe piemontesi
- Barolo: città del Museo dei Cavatappi e del vino 2021
“Cavatappi (s. m.). L’equipaggiamento indispensabile di un gentiluomo che viaggia con bagaglio leggero”. Mai definizione fu più poetica di quella confezionata nel Dizionario del diavolo dallo scrittore statunitense Ambrose Bierce ai primi del Novecento.
Il cavatappi nasce per estrarre un tappo di sughero da un qualsiasi recipiente di vetro, aneddoti e curiosità su di esso si perdono nella leggenda.
Chi inventato il cavatappi e quando?
Cavatappi: dall’armeria all’artigiano
La forma del cavatappi probabilmente deriva da quella del cava pallottole, utilizzato sin dal 1400 per estrarre i colpi inceppati all’interno delle canne delle armi da fuoco e nasce per così dire nelle armerie.
Solamente secoli dopo, il cavatappi cominciò a modificare il proprio utilizzo. Fabbri e artigiani iniziarono a produrlo per stappare le bottiglie di vetro chiuse da un tappo di sughero.
All’inizio del XVIII secolo poi, il contenitore di vetro a bottiglia era un oggetto raro, costoso, fragile e dalla capacità non sempre uguale; tanto che il primo brevetto di un cavatappi risale al 1795 a nome dell’inglese Samuel Henshall.

Utilizzo delle bottiglie di vino in vetro con tappo di sughero
Fu il regio decreto del 25 maggio 1728 ad autorizzare la vendita in bottiglie di vetro, mentre la bottiglia e il boccale erano utilizzati solo per portare il vino dalle cantine alla tavola.
Pensare che queste bottiglie da tavola erano rese ermetiche tappandole con pezzi di legno cui si avvolgeva attorno della canapa o della stoppa in modo rudimentale.
Solo successivamente si presero ad utilizzare i tappi di sughero inseriti oltre il collo della bottiglia e facili da rimuovere, al punto che l’imbottigliamento arrivava a durare poche ore o giorni.
Sembrerebbero essere stati poi gli inglesi, abili commercianti nonché amanti del buon vino, che importavano dall’Italia come dalla Francia e dal Portogallo, a consolidare l’unione del contenitore di vetro per il vino al sicuro grazie ai tappi di sughero.
Il Museo dei Cavatappi di Barolo nelle Langhe piemontesi
Un oggetto all’apparenza semplice e di uso domestico che nei secoli ha attirato l’attenzione di storici, amanti del vino e semplici collezionisti. Paolo Annoni, tra questi.
Annoni, farmacista torinese, trasferitosi nelle Langhe, ha deciso di mettere in valore 500 modelli di cavatappi antichi provenienti da tutto il mondo e realizzati dalla seconda metà del 1600.
La location giusta gli è sembrata un’antica cantina accanto al Castello Comunale di Barolo nella provincia piemontese di Cuneo. Restaurata ad arte con la collaborazione degli architetti albesi Danilo Manassero e Luigi Ferrando e dell’ebanista restauratore Massimo Ravera.
Nasce così nel 2006 il Museo dei Cavatappi, che attraverso 19 sezioni racconta la storia affascinante del tirebouchon.

Nebbiolo d’Alba DOC 2019
Barolo: città del Museo dei Cavatappi e del vino 2021
Il comune delle Langhe è la “Città Italiana del Vino 2021″ un’occasione per promuovere e mettere in valore l’influenza della cultura del vino nella società, nel paesaggio e nell’economia locale.
Cuore pulsante dell’area vitivinicola delle Langhe è il vitigno Nebbiolo che si snoda nel territorio di 11 Comuni, l’unico utilizzabile al 100% per la produzione del Barolo.
Il Barolo è un vino italiano d’eccellenza di cui si iniziò la produzione a metà dell’Ottocento per volere di Camillo Benso Conte di Cavour e di Giulia Colbert Falletti, ultima marchesa di Barolo.

Vino Barolo: il vino piemontese conosciuto in tutto il mondo
Vini piemontesi selezione ROSADIVINI!