
Siamo abituati a vederlo ben custodito dentro la bottiglia, ma come si produce il vino? Ti raccontiamo il ciclo produttivo del vino, dalla raccolta dell’uva all’imbottigliamento.
Tutto parte dalle barbatelle. Le avete mai sentito nominare quando si parla di produzione del vino? Si tratta delle viti molto giovani per le quali bisogna aspettare qualche anno prima che i frutti vengano utilizzati, considerando che la fase matura della vite va dai 5 ai 25 anni.
Per ogni vigneto è poi previsto uno specifico sistema di allevamento, vale a dire particolari pratiche di potatura e di strutture a sostegno della vite.
Se avete mai passeggiato in una vigna, avrete sicuramente osservato con i vostri occhi le più diffuse: ad alberello, pergola e spalliera.
A seconda dello stato di maturazione dei frutti, l’equipe che segue l’evoluzione del vigneto, con enologo e agronomo, decide quando è il momento di vendemmiare.
Avete presente il film “Il profumo del mosto selvatico”, il film con Keanu Reeves? Certe atmosfere non si dimenticano e anzi creano il giusto pathos quando ci si approccia a quello che tecnicamente viene definito come il processo di vinificazione, la trasformazione dell’uva in vino.
Magari se da bambini avete avuto la fortuna di avere nonni o amici in campagna potreste aver partecipato alla vendemmia. Una pratica festosa quanto affascinante dal momento che avviene con modalità differenti che si voglia ottenere un vino bianco o rosso.
Dopo la vendemmia l’uva portata in cantina viene trasformata in mosto che, a sua volta, attraverso la fermentazione alcolica, diventa vino per l’imbottigliamento. Può sembrare complesso raccontato a parole, ma nella realtà si tratta di una “catena di montaggio” all’interno di un vero e proprio ciclo produttivo.
Per fare il vino ci vuole l’uva: partiamo quindi dal principio. La raccolta dell’uva dalle vigne è un’operazione che una volta veniva effettuata solo a mano, mentre oggi in molti casi è meccanizzata.
La vendemmia si effettua tra agosto e ottobre, a seconda del giusto grado di maturazione di ogni tipologia di uva, mentre per alcune uve a fermentazione tardiva come quelle dei vini passiti può arrivare fino a novembre.
Non si coglie l’uva bagnata per evitare che l’acqua influisca sulla qualità del mosto, facendo trascorrere meno tempo possibile tra la raccolta e la pigiatura per scongiurare il deterioramento degli acini.
Ci si trasferisce poi in cantina con le grandi ceste piene d’uva: attenzione a non pigiare troppo.
A questo punto occorre separare gli acini, i frutti, dai raspi, il supporto legnoso. La diraspatura avviene con l’aiuto di apposite macchine enologiche chiamate diraspatrici.
Per arrivare poi al momento più divertente se lo intendiamo così come si faceva un tempo, un momento di vera festa la pigiatura dell’uva quando veniva fatta con i piedi.
Bei ricordi per molti, anche se alla pratica antica oggi si affianca l’ausilio dei macchinari. Con la pigiatura si esegue lo schiacciamento degli acini e si ottiene il cosiddetto pigiato con la fuoriuscita del mosto dall’acino.
La fermentazione alcolica è un processo fondamentale per la produzione del vino: lo zucchero contenuto nel succo dell’uva è convertito dagli enzimi dei lieviti in alcol etilico e anidride carbonica.
Un viaggio che porterà l’uva – attraverso una reazione a catena di fenomeni chimici – a diventare vino. Il ruolo della fermentazione alcolica è determinante per la formazione delle qualità aromatiche e gustative del vino, non a caso si dice che “gli aromi primari sono nascosti nell’uva, ma è la fermentazione che li rivela”.
I vini rossi sono fatti fermentare in genere a temperature di circa 26/30°C, mentre i bianchi a temperature leggermente più basse (circa 18/22°C).
Nella fermentazione dei vini bianchi si utilizzerà un mosto dal quale sono state separate le bucce subito dopo avere pigiato le uve.
Per la fermentazione dei vini rossi si utilizzerà il mosto nel quale sono lasciate a macerare le bucce, operazione essenziale che consente l’estrazione del colore.
Il vino viene poi sottoposto a travasi e filtrazione con un successivo periodo di affinamento in recipienti di acciaio o botti di legno, contribuendo ad arricchire il profilo aromatico del vino durante il suo invecchiamento.
Dopo di che si è pronti per l’imbottigliamento. Sapete che ci sono periodi più propizi per farlo? La tradizione lunare ad esempio stila un vero e proprio calendario a seconda delle varie fasi della luna.
Anche la scelta della bottiglia non è guidata solo da ragioni estetiche ma anche tecniche, come ad esempio un maggiore spessore per la tenuta alla pressione degli spumanti.
Da tenere a mente che il tappo di sughero non è soggetto ad invecchiamento. A questo punto non resta che apporre l’etichetta e conservarlo in cantina in attesa del primo brindisi.
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