

Casale Monferrato: tra filari di vite e sapori raffinati
Angoli incantevoli, colline a perdita d’occhio e i tipici “infernot”, i locali scavati nel tufo. Alla scoperta delle Langhe, Casale Monferrato e Roero per farsi stupire dai panorami mozzafiato e sedurre da sua maestà il Barbera.
Indice:
- I vini DOC di Casale Monferrato
- Sua maestà il Barbera
- Dolcetto d’Alba: un vino d’eccellenza
- Caccia al tartufo con degustazione di vini
- A Casale Monferrato la cucina è di terra… ma non solo
- Casale Monferrato: tra palazzi e splendidi scorci
Decretato nel 2014 dall’Unesco “Patrimonio dell’umanità”, il paesaggio vitivinicolo delle Langhe, Casale Monferrato e Roero, è una ricchezza fatta di angoli incantevoli, borghi e castelli, di sapori e odori che profumano di antico e di speranza.
Vale la pena sostare, godere con calma dei panorami collinari, senza dimenticare di intrufolarsi in qualche “infernot”, locali scavati nel tufo per conservare il vino.
Una delle Docg da provare in zona è il Dolcetto di Diano d’Alba, si produce in un territorio allungato su una collina, chiamata in dialetto “sörì”, che significa “ben esposto al sole”.
Dove provarlo? Nei castelli del vino sparsi tra Grinzane Cavour, Serralunga d’Alba insieme alle altre bottiglie che fanno di questo posto una meta d’onore per i “wine-lovers”.
Un posto d’onore spetta alla cucina, caratterizzata da sapori semplici di origine contadina e al tempo stesso raffinata, che nel Settecento ha risentito dell’influenza francese.
I vini DOC di Casale Monferrato
Nel cuore del Monferrato, è un susseguirsi di panorami spettacolari. Già solo attraversando la Strada romantica, un percorso di undici tappe che si snoda su 100 chilometri, si può assaporare la varietà di questi luoghi nella loro totalità.
Le DOC principali del territorio:
- Grignolino del Monferrato Casalese
- Grignolino d’Asti, Malvasia di Casorzo
- Ruché di Castagnole Monferrato
- Monferrato Freisa, Monferrato Rosso, Monferrato Bianco, Monferrato Casalese Cortese
- Gabiano
- Rubino di Cantavenna
- Barbera del Monferrato
Sua maestà il Barbera
Il principale vitigno del Monferrato è il Barbera, conosciuto per il grappolo di media grandezza, l’acino leggermente ovale, ricco di zuccheri, e la buccia dal medio contenuto di tannini.
Da queste uve si ricava un vino rosso rubino dal gusto secco e deciso. Questa eccellenza può essere anche fermo oppure leggermente frizzante, vivace.
Nel Monferrato esistono, inoltre, numerose aree vocate alla produzione di vini fermi di grande struttura e complessità.
La tipologia “Barbera del Monferrato Superiore” identifica il vino, solitamente affinato in botti di rovere che si produce in provincia di Alessandria e nel Monferrato nord-astigiano (Moncalvo, Grazzano e paesi limitrofi).
L’abbinamento migliore è con secondi piatti a base di carne di manzo, come l’arrosto. Per i piemontesi è un vino versatile che si sposa alla perfezione con tutto.

Dolcetto d’Alba: un vino d’eccellenza
“Il riso nasce nell’acqua e muore nel vino”: non c’è detto più veritiero. Un buon risotto non si può cucinare se non è bagnato da un buon vino, proprio come il Dolcetto di Diano d’Alba, riconosciuto DOCG nel 2010.
Dal belvedere di Diano, il più ampio di tutta la Langa, si ammirano i castelli del vino: Grinzane Cavour, Serralunga d’Alba e Barolo.
La zona del Dolcetto con quaranta produttori riuniti in associazione è famosa per i suoi vigneti di pregio, si estende in un territorio allungato su una collina, chiamata in dialetto “sörì”, che significa “ ben esposto al sole”.
Il nome del vitigno deriva dalla particolare dolcezza dell’uva, che produce un vino rosso rubino, secco, dal tratto aromatico e profumato di mandorla amara o ciliegia, gradevole al palato, sia giovane che invecchiato.
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Caccia al tartufo con degustazione di vini
Degustazione di grandi vini, itinerari nei boschi a caccia di tartufi e una meritata serata di grande cucina al ristorante stellato La Rei.
La raccolta di questo prezioso e costoso tubero inizia a settembre: i “trifolau” (cercatori) albesi i cani lo scovano nelle colline delle Langhe e Roero. Si serve crudo, tagliato a lamelle: il suo profumo intenso è ideale sui “tajarin” (i tagliolini), sul risotto alla piemontese, sulle uova al burro, sulla carne o sul formaggio.
In autunno sono diverse le esperienze per gli amanti del vino da provare al Boscareto Resort & Spa.
A fine giornata, dopo una pausa a La Sovrana Spa per una sauna o un bagno turco rigeneranti, ci si siede ai tavoli de La Rei con il menù “Tartufo”.
Il giorno successivo si parte per una visita in una delle cantine di queste zone, per una degustazione di prestigiosi vini rossi guidata da esperti enologi.
A Casale Monferrato la cucina è di terra ma non solo
Nel fondovalle c’è abbondanza di ortaggi, primo fra tutti il “cardo gobbo”, il topinambur, la “cipolla bionda” e i “peperoni quadrati”.
I cardi nascono nei terreni sabbiosi, si raccolgono a ottobre e diventano «gobbi» grazie a una tecnica di coltivazione. Si mangiano cotti (ripieni, fritti o nelle zuppe), ma quello gobbo di Nizza Monferrato è l’ingrediente fondamentale della Bagna Cauda insieme ai topinambur.
Tuberi, dall’aspetto bitorzoluto che maturano ai primi freddi, dalla polpa bianca, dolce e croccante. Negli antipasti abbondanti e fantasiosi troviamo golosi peperoni scottati, da servire con acciughe, fiori di zucchina ripieni, carne cruda con una “grattatina” di tartufo, la lingua in salsa verde e la verdura mista con maionese e la “salsa rossa” di pomodoro.
Vanno ricordate le zuppe povere, come il minestrone Monferrino del contadino con legumi e carni povere, la “minestra marIà” a base di brodo, uova e formaggio e ”süpa cavalanta” con pane secco.
Non dimenticate di chiedere al ristorante il fritto misto con cervello, animella, fegato, cotoletta, mela, pesca, amaretto e piccoli budini di semolino dolce; il bollito con tagli di carne bovina piemontese; la cima ripiena e la frittata “rognosa” con salame ed erbe.
Bagna Cauda”: il cibo di pescatori e operai è un piatto “socievole”
Una ricetta antica a base di acciughe, nata sulle coste della Provenza, con il nome di “anchoiade” è la bagnacauda. Il cibo dei pescatori e degli operai delle saline, che la mangiavano seduti attorno al fuoco, intingendo il pane nel sugo.
Una ricetta conosciuta dai mercanti astigiani medievali, che si rifornivano di sale e acciughe. Poi la ricetta si è adattata agli ortaggi del territorio, base dell’alimentazione povera.
Un piatto da assaporare con gli amici: tutti intingono in un unico “diàn” (tegame di coccio) sopra alla “scionfetta” (scaldino di terracotta ripieno di brace).
Le acciughe si trovano in molte ricette, come le “anciove al bagnèt verde o al bagnèt rosso” o acciughe in salsa verde o rossa.
L’acciugaio (ancióaire in dialetto piemontese) era il commerciante che con il carro trainato da cavalli o buoi portava le acciughe in barili di legno. Arrivava attraverso le “vie del sale” delle Alpi Marittime dalle saline della Provenza.
Un modo semplice per commerciare il sale, evitando una tassa esosa, così al controllo del dazio il commerciante mostrava mastelli pieni di sale con uno strato di acciughe salate.
Agnolotti al “plin”
Piatto forte della zona sono gli agnolotti del plin o al plin, piccoli e rettangolari: il termine deriva dal pizzicotto (plin), che viene dato per chiuderli.
Questa pasta ripiena nasce nel mondo contadino, quando c’era la buona abitudine di riciclare gli avanzi di carne arrosto o lessa. Perché si sa, sprecare il cibo è peccato.
Nel ripieno, oltre alla carne avanzata, ci sono verdure scottate e tritate, uova e formaggio.
Il condimento ideale: un saporito ragù di carne, ma i puristi li vogliono serviti, conditi su un semplice canovaccio per gustarli meglio. Un’abitudine che viene dal passato.
Si racconta che il proprietario delle terre, dove sorge il Santuario della Madonna della Neve, avesse la consuetudine di offrire un piatto caldo di agnolotti ai pellegrini in visita alla chiesa.
Un giorno c’era un tale assembramento che i servitori non sapevano più come fare per riempire i piatti. Così, dopo aver cotto nel brodo gli agnolotti, hanno pensato di stendere sul tavolaccio delle lenzuola di lino grezzo (curdunà), versandovi i “plin”, così tutti hanno mangiato senza né piatti né posate.
Il bonet: l’antenato del budino è una dolce tentazione
È l’antenato del budino, quando non esisteva la colla di pesce o addensante. A base di cioccolato, latte, uova e amaretti, si cuoce a” bagnomaria” per essere servito freddo.
Il nome di questo gustoso dessert di cioccolato, tipico anche delle Langhe, “bonet o bunet”, deriva dalla forma tondeggiante dello stampo di rame stagnato, dove si cuoceva, “Benetta”.
Simile al “bonet ed cusin”(cappello da cucina), che si serviva alla fine, appunto come “cappello” del pasto.
Fra i dolci spiccano anche lo zabaione e la panna cotta, ma non si può terminare un pranzo senza la Robiola dop di Roccaverano: pare sia nata nelle Langhe, dove era chiamata “Rubeola”, per il colore rossastro della crosta.
Un’altra specialità di Casale Monferrato sono i “krumiri”, biscotti ricurvi a base di frumento, ideali da inzuppare: pare siano nati nel 1878 in onore ai “baffi a manubrio” del primo Re d’Italia, Vittorio Emanuele II, morto in quell’anno.
Casale Monferrato: tra palazzi e splendidi scorci
Casale Monferrato, ricca di storia, è chiamata anche “città barocca” per i suoi palazzi e le chiese. Tra i luoghi da non perdere ci sono:
Duomo romanico, antico monumento, con un nartece (spazio fra le navate e la facciata), che serviva ai non battezzati, un interno con colonne zebrate e il soffitto blu con le stelle. Di queste strutture se ne trovano poche, la più famosa: San Marco a Venezia.
Lo stile barocco della chiesa San Filippo Neri e Santa Caterina, splendidamente affrescata e i palazzi nobiliari San Giorgio, Magnocavalli, Treville e Sannazzaro.
I Musei Civici nell’ex Convento di Santa Croce, di cui resta il chiostro quattrocentesco, l’annessa Gipsoteca dello scultore simbolista Leonardo Bistolfi.
La Sinagoga del 1595 con il Museo d’Arte Ebraica con pezzi di grande valore.
Merita una sosta anche Barolo, dove, nel 2010, si è inaugurato il WiMu, un Museo del Vino tra le mura del suo castello: protagonista non solo il vino barolo inteso come bevanda, ma la sua storia, la sua cultura il suo essere “testimone materiale di civiltà”.
Piazza Mazzini con il monumento a Carlo Alberto è uno dei luoghi più antichi, forse risalente all’epoca romana. Punto d’incrocio, rappresenta il “cuore” e il centro commerciale di Casale Monferrato, che accoglie le manifestazioni straordinarie.
In mezzo alla piazza, recentemente ristrutturata, si erge il monumento equestre (1838) di Carlo Alberto di Savoia, opera dello scultore Abbondio Sangiorgio e voluto dal Comune in segno di ringraziamento per la costruzione del primo ponte sul Po.
