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Lucia Monti: enologa e imprenditrice di Tommasone vini
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Lucia Monti: enologa e imprenditrice di Tommasone vini

ROSADIVINI
ROSADIVINI
Redazione

Dalla Germania all’Isola di Ischia, per ripartire da dove il nonno aveva lasciato. Questa è la storia di Lucia Monti, enologa, produttrice di vino e imprenditrice della cantina Tommasone vini.

Il nome dell’azienda ricorda appunto Tommaso, il nonno della imprenditrice, scomparso nel 1980 dopo un’esistenza dedicata alla produzione di vino

Per molti anni l’italo-tedesca è stata lontana dal Belpaese, salvo poi tornarci alla fine degli anni Novanta, cominciando un percorso che ancora oggi non conosce battute d’arresto.

Una storia di passione e di amore per il territorio, una storia di stretto legame con le proprie radici. C’è questo e molto altro nelle parole di Lucia Monti che ci racconta come è nata l’azienda che rappresenta e che, a oggi, guida insieme al marito, enologo come lei. 

Una storia antichissima, quella dell’azienda Tommasone vini: ce la racconta?

A Ischia la viticoltura è millenaria e fino agli anni sessanta ha rappresentato la prima fonte di guadagno di tutte le famiglie. Molti infatti erano contadini col focus sulla vigna e la mia famiglia non sfuggiva a questa regola.

Mio nonno lavorava i vigneti, vinificava le uve e poi vendeva il vino sfuso a cantine imbottigliatrici dell’isola oppure a cantine in terraferma.

Quando nel 1980 mio nonno è morto, mio padre ha deciso di emigrare in Germania: la sua doveva essere una permanenza breve e invece ha poi conosciuto mia mamma e dalla Germania non è più venuto via.

Nel 1987 ha aperto un ristorante che tutt’oggi esiste e per vent’anni non ha più prodotto vino nelle terre lasciate da suo padre, in Italia. Alla fine degli anni Novanta qualcosa è cambiato: siamo tornati a Ischia, abbiamo impiantato le vigne e rinnovato la cantina che nel frattempo mio padre aveva ereditato.

Durante questi anni nasce la Pietra di Tommasone (è questo il vero nome della cantina, ndb), dedicata a mio nonno.

Nel 2004 abbiamo fatto la prima vendemmia con poche bottiglie, circa 10mila: così è nato il marchio Tommasone. 

Ma quando è scattata in Lei la voglia di farsi strada nel mondo della produzione di vino?

Dopo il liceo volevo fare la scuola alberghiera, poi ho cambiato idea. Nel 2003 ho fatto uno stage di circa 10 mesi in Friuli ed è stato durante quel periodo che è nata la passione per il vino. Le ore dello stage le passavo in cantina e ho realizzato che avrei voluto fare quello di mestiere. 

Lucia Monti, lei è cresciuta in Germania, ed è diventata enologa attraverso un percorso di studi e stage presso aziende friulane e tedesche: quanto è stato difficile?

L’esperienza in Friuli è stata bellissima tanto che ricordo che mi dispiacque molto di tornare in Germania. Tutti erano ospitali e gentili con me, è stato un bel periodo non contrassegnato da difficoltà.

Nel 2004 in Germania ho seguito un percorso di studi con un sistema duale: due settimane le passavo a studiare e due a lavorare, sempre in una cantina.

In classe eravamo solo tre ragazze contro 15-16 ragazzi, a dimostrazione che quello del vino è sempre stato un mondo maschile. 

Ha incontrato difficoltà per diventare donna imprenditrice del vino? Pensa che oggi, per una donna, sia complicato riuscire ad affermarsi in un mondo che è ancora prevalentemente maschile?

Per me le difficoltà sono cominciate nel 2009 quando mi sono trasferita a Ischia per proseguire il progetto avviato da mio padre. Io, Lucia Monti, all’epoca ero una donna giovane, oltretutto mezza tedesca, nemmeno italiana, e all’inizio è stato difficile. Ѐ stato complicato anche proprio calarsi nelle abitudini italiane per riuscire a capire come funzionava la burocrazia qui.

Insomma il percorso è stato lungo, c’è voluto qualche annetto perché le persone cominciassero ad avere fiducia in me. 

Quando si sceglie di fare questo lavoro bisogna fare un po’ tutto ed è giusto ammettere che alcuni lavori sono fisicamente più pesanti per una donna.

Oggi però molte più donne sono alle guide di grandi cantine e si comincia a intravedere qualche cambiamento concreto, anche se questo resta un mondo decisamente maschile. 

Dall’agente di commercio ai nostri fornitori, fino agli enologi, sono quasi tutti uomini; negli ultimi anni si registra un leggero aumento della quota rosa. 

“Fare poco per fare meglio” è la filosofia dell’azienda Tommasone: cosa intende?

Questa filosofia inizia dalla vigna, nel senso che cerchiamo di non sfruttare al massimo quello che potremmo fare a livello di quantitativi per ottenere una maggiore qualità delle uve.

Abbiamo alcuni vini per i quali volutamente facciamo produzioni limitate al fine di garantire sempre alta qualità.

Ci sono dei rossi per i quali saltiamo ad esempio qualche annata, quando non siamo contenti delle qualità delle uve.

Per una cantina che vuole farsi strada a Ischia è tutto difficile. L’isola è piccola e bisogna fare una scelta ben precisa per salvaguardare il proprio operato.

Noi abbiamo anche bianchi che in mezzo all’anno possono pure terminare ma va bene così, l’importante è puntare sulla qualità.

Abbiamo fatto una scelta, quella di lavorare soltanto con uve da vigneti di nostra gestione; non compriamo da conferitori perché vogliamo avere la certezza di conoscere tutte le nostre uve. 

Il legame con il territorio è importante e rappresenta una dei punti di forza della vostra azienda: in che modo lavorate per produrre vini che rispecchiano la terra in cui nascono?

Le condizioni climatiche che caratterizzano l’isola di Ischia regalano precise caratteristiche anche ai vini.

Noi, nel nostro piccolo, cerchiamo di fare il più possibile perché il vino racconti il territorio.

In vigna cerchiamo di fare i trattamenti necessari senza utilizzare diserbanti, concimi chimici, evitiamo di intervenire troppo per evitare in qualche modo di coprire tutto ciò che rispecchia il territorio. 

Quali sono i vini maggiormente prodotti dalla vostra azienda? Quali i vitigni su cui puntate?

Come vitigni autoctoni bianchi abbiamo Biancolella e Forastero. La produzione è di circa il 70% di Biancolella, questo perché storicamente Ischia è sempre stata più isola dei bianchi nonostante anche l’uva rossa cresca bene.

Noi oggi abbiamo una produzione di 110 mila bottiglie di cui 65 mila sono solo di Biancolella. Ne facciamo due versioni: la classica vinificata solo in acciaio e poi una che fa passaggio in legno. 

Per quanto riguarda i rossi, coltiviamo Piedirosso che però non è un vitigno autoctono di Ischia perché si trova anche nei campi flegrei, nelle zone di Caserta, insomma non è un’uva che si trova solo sulla nostra isola.

Abbiamo piantato anche alcune varietà regionali: il Fiano per i bianchi e l’Aglianico per il rosso e il rosato.

 

Lei si occupa di tanti importanti aspetti dell’azienda. Quali sono le sue mansioni nel concreto?

Dal 2014 posso dire di “fare il vino”, insieme a mio marito che è anche lui enologo. Io mi occupo inoltre di tutto l’ufficio, dell’amministrazione, del rapporto coi fornitori, coi clienti, con i rappresentanti e dei rapporti pubblicitari.

L’aspetto legato all’accoglienza, invece, lo curo insieme a mio marito. Organizziamo visite guidate e qualche assaggio dei nostri vini al punto vendita. Grazie al fatto che mio marito è enologo e può quindi occuparsi in prima persona di alcuni aspetti legati alla vigna, io ho avuto la possibilità di dedicarmi maggiormente alla commercializzazione che resta un aspetto fondamentale per ogni cantina.

Da cinque-sei anni abbiamo abbandonato il commercio con l’estero perché, con una produzione di bottiglie non troppo ampia, non aveva senso cercare chi portasse i nostri prodotti fuori dall’Italia. Abbiamo preferito concentrarci sui clienti italiani.

Oggi è soprattutto la Campania la regione in cui i nostri bianchi e i nostri rossi sono venduti: Napoli e provincia, la costiera, Salerno, Ischia e Procida.

Arriviamo però anche nel Lazio e un po’ anche in Puglia. Nel nord Italia invece la commercializzazione dei nostri prodotti è un po’ più a macchia di leopardo. 

Lavorate prevalentemente con privati o con ristoranti e/o alberghi?

Per un buon 90% lavoriamo soprattutto con i ristoranti; nella nostra zona anche con alberghi ma in generale con ristoranti ed enoteche.

Abbiamo anche un po’ di vendita privata; siamo sicuramente fortunati a trovarci in un posto turistico e ogni estate in molti ci vengono a trovare. C’è chi viene direttamente in cantina perché ha assaggiato il vino al ristorante e poi viene a trovarci o chi invece organizza vere e proprie visite guidate.

Dal primo lockdown abbiamo anche noi creato l’online shop. Non lo avevamo per rispetto alle enoteche che serviamo ma ci siamo poi adeguati, cercando di fare calcoli onesti nei confronti di tutti i clienti.

Non abbiamo i numeri dei grandi siti ma secondo me oggi l’e-commerce è una cosa che bisogna assolutamente offrire al cliente. Capita spesso che i turisti vengano in cantina e poi facciano l’ordine online. Non è facile trasportare il vino, ecco perché è importante dare la possibilità di acquistare su internet.  

L’accoglienza resta comunque un aspetto fondamentale. Può capitare che il cliente venga in cantina senza acquistare ma va bene lo stesso. Magari poi va al ristorante, riconosce il nostro vino e lo ordina.

E in generale oggi c’è una maggiore attenzione verso le cantine, verso quello che è nascosto dietro alla produzione di una bottiglia di vino.  

A proposito di maggior attenzione, chi si occupa dell’aspetto estetico della bottiglia, quindi dell’etichetta?

Me ne occupo io. Tutte le etichette che hanno raffigurato un disegno ben preciso sono frutto del lavoro di un artista locale che ho contattato.

L’etichetta è importante, soprattutto in enoteca: un cliente che non conosce il prodotto sceglie anche con gli occhi, ecco perché questo aspetto non va assolutamente sottovalutato. 

Lucia Monti, lei è a capo dell’azienda Tommasone vini dal 2009 e si è sempre posta nuove sfide: quali sono le prossime?

Nel 2015 abbiamo avviato la lavorazione del metodo classico: siamo stati i primi ed oggi siamo pure gli unici. Dal 2021 abbiamo iniziato anche l’affinamento sottomarino. 

Facciamo due versioni di metodo classico: un rosato e un Ischia Bianco DOC ottenuto da Forastera e Biancolella (50% e 50%, secondo la disciplinare). 

Abbiamo preso 500 bottiglie di vino bianco, e il 1 ottobre 2021 le abbiamo trasferite a 40 metri di profondità. E’ stato il raggiungimento di un traguardo importante, abbiamo impiegato ben due anni per ottenere tutti i permessi.

Il prodotto sarà disponibile in primavera 2024, lo spumante sta affinando in mare e speriamo di raccogliere i frutti tra un anno e mezzo: è questa, senza ombra di dubbio, la nostra sfida più importante.

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Creato il 03/07/2022, aggiornato il 25/07/2022. © Riproduzione riservata.