

Storia del vino: le leggende italiane
Tra amori e lotte cruente, son piene le botti anche nel Nord del Belpaese. Dal Trentino alla Toscana, passando per la solitaria Sardegna le più curiose leggende sulla storia del vino. Le leggende sulla storia del vino sono affascinanti e colme di mistero. La storia del vino ha radici antiche che risalgono a migliaia di anni fa e molte leggende sono nate intorno alla sua produzione e al suo consumo.
Indice:
- Il Sangue del drago ovvero il Teroldego
- Storia del vino: amori, dolori e il bianco romantico Erbaluce
- Dalle lacrime di Santa Giusta: la Vernaccia
- Il Gallo Nero e vittoria di Firenze
- Annibale e il Montepulciano d’Abruzzo
- Storia del vino Tintilia molisana
- Est! Est!! Est!!! di Montefiascone
- Polifemo e l’Aglianico
Sul vino c’è tanta storia legata alla sua nascita. Ma Tante sono anche le leggende legate ai vitigni e ai luoghi di produzione.
Ecco alcune leggende sulla storia del vino.
Il Sangue del drago ovvero il Teroldego
Spostandosi a Nord, nel Trentino Alto Adige, uno dei più noti vitigni autoctoni, il Teroldego è soprannominato “sangue di drago” per il colore rosso e i riflessi violacei.
La sua nascita si lega all’uccisione di un drago per mano del cavaliere Firmian, nelle grotte dell’eremo di Castel San Gottardo.
Fu lui, leggenda vuole, con uno stratagemma, a liberare dalla paura gli abitanti. Trafisse il drago con una lancia e lo portò come trofeo in città.
Il sangue del mostro, che tanto aveva terrorizzato quelle terre, lasciò una scia per le strade dove venne trascinato.
Qui nacque la vite che diede grappoli per un vino potente come il drago.
Storia del vino: amori, dolori e il bianco romantico Erbaluce
Nel vicino Piemonte regna il bianco Erbaluce. I romani lo chiamavano Alba Lux, e a lui si lega la leggenda della Ninfa Albaluce.
In un tempo lontano le colline formate dai ghiacciai erano abitate dalle ninfe delle sorgenti, dei laghi e dei boschi, venerate assieme a Notte, Sole, Luna, Venti e Stelle.
Alba, una di loro, un giorno, in un torrente, s’imbatte nel Sole. Fu un “coup de foudre”, ma quell’amore era proibito. Luna decise di intervenire non lasciando il Cielo all’alba, interponendosi sul cammino del Sole, così che questi potesse raggiungere, non visto, la Terra e incontrare l’amata.
Dall’eclissi nacque Albaluce con “occhi color del cielo, pelle di rugiada e lunghi capelli splendenti come raggi di sole. La sua bellezza portò gli abitanti della zona a offrire doni in giorni di festa, fino a quando i frutti del lago non bastarono più al sostentamento”, recita la storia.
Fu così creato un canale per far defluire le acque del lago, ma ne scaturì una tragedia. La dea versò tante lacrime preziose che fecero sbucare dalla terra tralicci ricchi di succosi grappoli di uva bianca: l’Erbaluce. Alla salute dei romanici!
Dalle lacrime di Santa Giusta: la Vernaccia
Dal continente alle isole. In Sardegna terra del rosso Cannonau, è anche suolo dell’ottimo vitigno a bacca bianca: la Vernaccia. In particolare la Vernaccia di Oristano.
Secondo la storia del vino il nome di origine romana deriverebbe da “vernacula” (uva del luogo). Tuttavia, secondo la leggenda, avrebbe avuto origine dalle lacrime di Santa Giusta, Patrona della città che l’avrebbe generato per curare la malaria che infestava la paludosa zona.
Storia del vino: il Gallo Nero e vittoria di Firenze
Chi non conosce in Toscana la storia della nascita del Chianti, alias Gallo Nero? Si racconta che per avere il territorio del Chianti, le Repubbliche di Siena e Firenze, combattevano aspramente da anni.
Per porre fine alla diatriba e stabilire un confine si decise che i cavalieri delle due città rivali avrebbero segnato il confine partendo insieme all’alba al canto del gallo.
I senesi scelsero un gallo bianco, i fiorentini uno nero che, però, chiusero in una gabbia piccola e buia e a digiuno. Così, quando fu fatto uscire iniziò a cantare prima dell’alba.
Il cavaliere di Firenze, quindi, partì in vantaggio e l’avversario riuscì a percorrere solo 12 km col fiorentino che lo aspettava a Fonterutoli. Ecco come il territorio passò sotto il controllo di Firenze che fece suo uno dei vini simbolo dell’Italia.
Annibale e il Montepulciano d’Abruzzo
Tra monti e colline, paesi nella ridente Valle Roveto e oltre, arroccati su colline e monti, che sembrano presepi viventi tutto l’anno, ma con le luminarie di Natale ancora di più, si narra che il Montepulciano d’Abruzzo abbia salvato Annibale.
Sembra che il grande condottiero cartaginese, noto per aver attraversato le Alpi con gli elefanti, non sarebbe riuscito nell’ardua impresa se con sé non avesse avuto il vino degli Apruzzi decantato da Polibio.
Un mostro con cui l’arguto Annibale rinvigorì non solo i suoi uomini, ma lavò, si dice, i cavalli per guarire dalla scabbia.
Storia del vino Tintilia molisana
Dietro la molisana Tintilia si cela addirittura una struggente storia d’amore. Secondo la leggenda Tintilia era una bellissima fanciulla spagnola trapiantata sulle colline molisane per amore. Figlia di un luogotenente dei Borboni, di lei s’innamorò il primogenito del Conte Carafa, nobile discente dei Caracciolo. La sposa portò alle nozze il vino.
Un nettare spagnolo rosso rubino, forte e intenso come la passione, fruttato e dolce come la sposa. Ma la giovane s’ammalò e morì presto lasciando quel vitigno con i cui frutti avevano brindato al banchetto.
Lo sposo, per ricordarla, tra il comune di Mirabello e Gildone, ne fece la prima vigna di Tintilia. Insomma, un vino che consola!
Est! Est!! Est!!! di Montefiascone
E non poteva mancare la leggenda del laziale Est! Est!! Est!!! di Montefiascone.
Tra storia e mito. Nel 1.111 Enrico V di Germania viaggiava verso Roma per incontrare il Papa. Con lui, il gran bevitore vescovo Johannes Defuk che, durante il tragitto, inviava in avanscoperta Martino il coppiere.
Solo per scovare del buon vino. In pratica, quando il fido scudiero trovava un nettare degno lasciava la scritta Est! sulla porta della locanda. Se, poi, il vino era più che buono Est! Est!! Se eccellente scriveva Est! Est!! Est!!!
Quello di Montefiascone, pare, lo fosse tanto che il vescovo si fermò tre giorni e decise di tornare e restarci fino alla morte. Sulla sua lapide nella chiesa di San Flavio si legge: “per il troppo Est! qui giace morto il mio signore di Johannes Defuk”.
Il vescovo lasciò alla città 24 mila scudi a condizione che a ogni anniversario della sua morte si versasse vino sulla tomba. Oggi la storia rivive in un corteo storico.
Polifemo e l’Aglianico
In Campania tra i vitigni simboli c’è l’Aglianico. Quello del Tiburno (dal nome della montagna ove si riunivano le streghe di Benevento) richiama la mitologia greca. Sì, perché l’Aglianico sarebbe il discendente dell’ Ellenico, il “rosso vino di miele” che Ulisse offrì al gigante Polifemo in cambio dell’ospitalità.
Un vino astuto che ubriacò l’ospite e consentì a Ulisse di avere la meglio e di svignarsela con la sua banda di naufraghi.
Queste leggende rappresentano solo alcuni esempi dell’importanza del vino nella cultura e nella storia italiana, che continua ad essere una parte importante della vita del paese.
Lettura consigliata: Origini del vino